Il purple marketing

Il mondo è pieno di dati e alcuni di questi dati sono informazioni che giungono a noi attraverso canali e modalità diverse.

Questo proliferare delle informazioni ha molti effetti. Uno di essi lo potremmo chiamare la “concorrenza delle informazioni” e coinvolge direttamente il mio lavoro, la cosiddetta SEO.

Google per rendere fruibili agli utenti le informazioni che immagazzina ha deciso di ordinarle, una dopo l’altra (con criterio, ovviamente, non a caso).

E’ perciò normale che le informazioni presenti nei primi posti di Google vengano maggiormente visitate rispetto a quelle posizionate in fondo.

Più aumentano le informazioni, più diventa complesso, in termini generali, ottenere le prime posizioni. E come è chiaro, le informazioni presenti in internet aumentano di giorno in giorno.

Oggi la situazione è molto diversa rispetto a quando ho iniziato a lavorare, infinitamente diversa rispetto a quando il web muoveva i primi passi.

La competizione online è in crescita praticamente in ogni settore. Ed è destinata ad aumentare nei prossimi anni.

Avventurarsi nel web è diventato più complesso. La visibilità, di qualsiasi cosa, non è affatto scontata.

Che fare?

La risposta tipica che davo fino a poco tempo fa, che effettivamente era corretta, suonava più o meno così: “Cura il posizionamento su Google, se non riesci da solo, affidati ad un professionista SEO”.

Risposta vagamente interessata…ma d’altronde era vero, e lo è in parte anche oggi. Solo che attualmente su Google faticano ad avere visibilità anche le donne che parlano della propria vagina, tant’è che si sono riversate in massa su Instagram, figurarsi il resto del mondo.

Considero oggi la SEO tradizionalmente intesa (ossia come “posizionamento su Google”) qualcosa di legato al passato, non perchè sia qualcosa di divenuto inutile, ma perchè va data per scontata.

Non è la prima volta che accade qualcosa del genere. Anzi, situazioni di “iperconcorrenza” sono all’ordine del giorno in una economia di mercato. E si può reagire in molti modi. Oggi vediamo una possibile risposta.

think purple

Purple marketing

Più di quindici anni fa è uscito un libro di Seth Godin che ha avuto una grande diffusione: La mucca viola. L’autore iniziava la sua riflessione partendo dall’accettazione della crisi del “complesso industriale-televisivo”. Tale crisi – proseguiva Godin – è data dallo spaesamento del consumatore che non sa più cosa acquistare poiché possiede già tutto ciò di cui ha bisogno. Si tratta di una situazione che potremmo chiamare di “iperconcorrenza” per molti versi simile a quella attuale nell’ambito delle informazioni presenti su internet.

L’attuale economia di mercato si basa sui dei complicati e precari equilibri tra produzione e consumo. Nonostante siano ancora oggi sostanzialmente efficaci le pratiche (spesso estremamente “sporche”) di incentivazione/obbligo al consumo, la situazione sembra essere tendenzialmente quella descritta da Godin.

Una “immane mole di merci”. Una immane mole di informazioni.

Data questa situazione, a dire di Godin, è più rischioso produrre un prodotto normale, che verrebbe schiacciato dalla concorrenza e ignorato dal consumo, piuttosto che produrre un prodotto straordinario, una mucca viola appunto. Qualcosa di eccezionale e perciò immediatamente riconoscibile.

Questo in termini generalissimi il senso di un libro che comunque vale senza dubbio la pena di leggere.

Il discorso è abbastanza chiaro, più è radicale la “straordinarietà”, meglio è in termini economici. Qualcosa di radicalmente straordinario è un prodotto viola. Godin ovviamente non spinge i lettori necessariamente all’invenzione di un prodotto viola. Nel senso che la mucca viola può intervenire in qualsiasi fase del processo di produzione-consumo. Uno degli esempi fatti da Godin è, per intendersi, il Mc Donald’s France che anni fa decise di consigliare di non andare più di una volta a settimana al Mc Donald’s, riconoscendo così, implicitamente, la non eccelsa qualità del proprio cibo. In questo esempio ad “essere viola” non è chiaramente il prodotto, che è sempre il solito panino, ma la comunicazione pubblica dell’azienda.

E’ chiaro però che se ad essere viola è il prodotto stesso tutto diventa più semplice. Un prodotto che serve o piace, e che ancora non esiste, non ha concorrenza. Se inventi una bevanda che non esisteva prima, e che piace, hai una mucca viola che si espande nel mercato a concorrenza zero.

Non è quindi un caso che Godin consigli la presenza di un uomo di marketing nella fase di elaborazione del prodotto. Il miglior marketing, è il prodotto.

Ha ragione Godin, ovviamente, c’è da dire che nella reale vita del SEO freelance non capita mai di poter decidere qualcosa a livello di prodotto.

Con Fabio ci siamo a lungo interrogati su cosa proporre che possa rispondere alle esigenze violacee dei clienti, senza essere radicale (in quanto non tocca il prodotto) ma neanche banale.

Bene, la ricerca continua, e ne riparleremo anche su questo blog, ma qualcosa che pensiamo sia viola e che mettiamo in pratica ormai da qualche anno, è il passare dalla pubblicità alla comunicazione. Che significa molte cose, e anche, passare dall’ottica del posizionamento sui motori di ricerca a quella del content marketing.