La comunicazione del passo indietro

passo indietro

Una possibile risposta di marketing al problema della sovrabbondanza di informazioni, sta nella ricerca di una maggiore qualità e originalità del contenuto pubblicitario. Nel post precedente l’avevo chiamata “purple marketing” in omaggio alla celebre mucca viola di Seth Godin.

Tale idea di marketing può essere pienamente efficace solo in determinate situazioni (anche se è sempre bene averla presente). In particolar modo quando ad essere “viola” (ossia unico, originale) è il prodotto stesso. Questo non può accadere sempre; prodotti, servizi, idee straordinarie sono rare per definizione.

C’è poi da aggiungere che va tenuta in considerazione la disastrata situazione del mercato italiano. Il poco lavoro, i bassi compensi e tutto il resto, ma soprattutto il fatto che l’Italia era – prima della pandemia, almeno – un Paese che appare talmente lento da sembrare immobile, pesante, un po’ triste e molto arrabbiato.

Questo influenza il modo di lavorare delle persone, inevitabilmente. In Italia si lavora “male” in tutti i sensi. In un contesto del genere aveva ragione Dalla, l’impresa eccezionale è essere normale.

Tutto sommato in un periodo di crisi, già essere comuni mucche marroni non è poi così male.

Cerchiamo quindi un approccio al web marketing onesto, efficace e utile anche in assenza di prodotti viola. Va infine ricordato che anche “solo” la comunicazione può essere viola, come d’altronde insegna Godin.

Cosa vuol dire comunicazione viola oggi? Vediamo alcuni aspetti che nel web marketing del 2020 darei decisamente per assodati.

  1. Niente è un po’ poco

    Se tante sono le informazioni e alto il rumore, la visibilità non la si può dare per scontata. La “quantità” dei contenuti prodotti resta (purtroppo, forse) una condizione imprescindibile per il 99% delle attività online.
    Il sito vetrina ha un’utilità pari a quella di un biglietto da visita, ormai da alcuni anni. I siti web tradizionali, quelli dinamici di una ventina di pagine con aggiornamenti una volta ogni sei mesi, hanno fatto la stessa fine. Il web marketing è, oggi, produzione di contenuti con un certo ritmo, sia sul vostro sito che sui social network.

    Dicendo questo non intendo dirvi di iniziare a pubblicare articoli ovunque, di rimediare link a destra e a manca e di tappezzare il web di vostri banner. Anzi, il contrario. La dimensione in meri termini quantitativi della presenza online è però un fattore da tener presente.
    Non pubblicare nulla, è un po’ poco.

  2. Dalla pubblicità alla comunicazione

    Pubblicità e comunicazione non sono concetti sovrapponibili. In nessun caso. La comunicazione è uno degli aspetti fondamentali dell’essere umano, è radicata nel nostro sviluppo biologico e ha perciò una storia lunghissima. Il medium fondamentale della comunicazione è il linguaggio.

    Comunicare significa essere in un “processo”, in una dinamica. Anche quando tale processo non si instaura, se una comunicazione resta “lettera morta”, comunicare significa sempre tenere conto della possibile risposta dell’altro.

    La pubblicità è invece fondamentalmente unidirezionale.

    Il web contemporaneo è essenzialmente comunicazione. Si può fare pubblicità su internet, ovviamente. Tuttavia usare internet solo per fare pubblicità vuol dire non essere entrati nel web 2.0. Cosa che, ovviamente, è più che legittima. Ma poco efficace

Il marketing del passo indietro

Condizione necessaria per fare web marketing nel 2020 significa, credo, aver compreso e metabolizzato questi due aspetti. E’ poi importante comprendere che la comunicazione non nasce con Facebook.

In realtà il patrimonio di competenze che abbiamo alle spalle nell’organizzazione, gestione, pubblicazione di contenuti è davvero rilevante. Sarebbe uno spreco buttarlo nel cestino per farsi attrarre dalle poco solide sirene dell’innovazione a tutti i costi. Vale la pena, in effetti, chiedersi cosa sia innovazione.

Il patrimonio a cui faccio riferimento è chiaramente quello dell’editoria tradizionale che in effetti da secoli si confronta con quale sia il modo migliore, anche a livello commerciale, di proporre dei contenuti agli altri. Si occupa di scegliere i contenuti giusti sia a livello di qualità che di quantità, di scegliere il modo di presentarli e il ritmo di pubblicazione.

Certe volte, come nel valzer, c’è bisogno di fare un passo indietro per farne uno avanti.

Pierre Auguste Renoir. Bal à Bougival, Museum of fine arts, Boston, 1883.
Pierre Auguste Renoir, Bal à Bougival, Museum of fine arts, Boston, 1883.

Con ciò non voglio proporre di ispirarsi ad un modello commerciale chiaramente in gravissima crisi, come quello delle riviste o quello dei giornali. Voglio solo dire che a quel mondo qualcosa si può rubare, senza dubbio.

Una delle cose che si possono, e si dovrebbero, rubare all’editoria tradizionale è la lunga e intensa fase di elaborazione della cosiddetta linea editoriale e la decisione del piano editoriale.

Il presupposto del marketing online 2020 è un cambio di prospettiva. Iniziare a pensare alla presenza sul web come ad un progetto editoriale. Un sito web è un più o meno piccolo progetto editoriale, lo stesso vale per i profili social, a mio modo di vedere.

Penso quindi che le campagne di social media marketing e quelle di posizionamento sui motori di ricerca dovrebbero oggi partire da un qualcosa che possiamo tranquillamente chiamare “progetti editoriali”, consapevoli sia delle differenze tra i diversi media che delle grandi difficoltà che incontra chiunque, a vario titolo, si mette a scrivere, fotografare, realizzare video. Campagne però consapevoli anche che l’aumento delle metriche fondamentali sia dei siti che dei social si può anche oggi ottenere in qualsiasi settore, nonostante la concorrenza.

L’ansia dei numeri dovrebbe in gran parte lasciare spazio ad un approccio di pianificazione editoriale maturo e originale.

Queste considerazioni possono ovviamente andare a braccetto con quelle fatte sul “purple marketing”. Pensare al proprio asset digitale come un progetto editoriale è qualcosa di comunque apprezzabile. Ma è chiaro che una linea editoriale può essere più o meno “viola”.

Trovare una linea editoriale viola, cosa ovviamente non facile, significa colpire al cuore la comunicazione del 2020; significa tra l’altro risolvere in modo elegante, ne riparleremo, un’annosa questione SEO, che oggi appare finalmente superata, anche se sembra ripetersi in termini pressoché identici sui social, quella sull’utilità della “link building”.