Una sottile tenerezza

Foto di sognirossi per alkahest.it

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Si erano fermate anche le lancette dell’orologio. Dev’essere per questo che nella stanza stagnava un’aria sospesa. E nel silenzio lo squillo del telefono era dirompente, squarciava l’aria come dei lontani ululati dolorosi. Il telefono infatti in quel periodo squillava sempre…

Da quando alcuni giorni fa sua madre era irrotta in casa sua portandole la notizia, Laura era entrata in una bolla vitrea ed appannata. Gli occhi erano due sputi, la faccia era gialla e sentiva le ossa come di marmo. Lo specchio rifletteva un’immagine commovente, quella di una ragazza che pure aveva vissuto, prima.

“Riuscissi almeno a fare un pensiero, a dire qualcosa…”

Un costante urlo interno divorava quasi tutto, Laura era nel centro di questo urlo e si stupiva quando si accorgeva che il suo corpo si era spostato. Come accadeva?

In effetti, erano giornate serrate. C’era un sacco di gente in casa ed altrettanta fuori che parlava e non sopportava il silenzio e faceva tante cose – e diceva tante cose giuste e tante altre meno e diceva che il tempo comunque sarebbe passato ma Laura sapeva che non era vero ché il tempo era finito in un buco nero allora lei faceva un sorriso che sembrava dire “grazie” ma significava “ora puoi anche andare…” – poi bisognava decidere tante cose e lei non era mai d’accordo con quello che veniva deciso ma non importava però sentiva che l’urlo cresceva e alla fine sperava che il tempo in effetti sarebbe passato.

Questa morte aveva cambiato tutto quanto. Laura ricordava il fastidio dei mesi passati anche se tutti i ricordi si erano condensati nella bolla vitrea. Prima – era considerato così poco a modo il contorcimento, poco elegante rantolare, tres sconveniente la rabbia tres sconveniente il volto distrutto e soprattutto tres sconveniente la verità. Perché comunque bisognava arrivare in salute al gran finale. Dopo – era così bravo il morto, tres un bravo ragazzo, quasi un santo. Tanto che Laura si era effettivamente convinta che era morto qualcun altro.

Ricordava anche che prima dei giorni della bolla vitrea si domandava se il fatto di esser stato ucciso per quindici anni in fondo a un viale per quindici anni la sera di natale potesse aver influito in qualche modo sull’attuale stato delle cose.

In ogni caso Laura non capiva più quasi niente e non capiva più che senso avesse farsi un mazzo così se poi le cose sparivano in un batter di ciglia – e non importava molto quando le dicevano che non era vero, anche perché non glielo dicevano.

Erano più o meno così i giorni faticosi di questa morte: dodici ore di tumulto, dodici ore sospese nel vuoto.

Però, dobbiamo anche dire dell’altro. Le storie non sono mai sole, sono tutte intrecciate e ingarbugliate con altre storie e non sempre vale la pena di isolarle.

Una cosa su cui forse non bisogna soffermarsi più di tanto, sono i favorevoli accidenti genetici che avevano regalato a Laura dei capelli sottili e biondi che non esiterei a definire semplicemente “belli”, se solo Laura li coltivasse un poco.

E’ forse invece più importante dire che nei giorni della bolla e dell’urlo Laura in effetti avesse comunque voglia di vedere qualcuno, qualcuno che noi per comodità chiameremo Luca.

A Laura nei giorni del “prima”, piaceva molto Luca perché aveva gli occhi piccoli e neri e perché, almeno con lei, parlava talvolta con parole profonde come se fosse un poeta, anche se non era per niente un poeta perché non era per nulla un tipo serio come invece sono i poeti.

Comunque sia, Laura senza sapere bene come, spostava spesso le sue dita sul cellulare per scrivere dei messaggi a Luca, che rispondeva sempre e rispondeva subito ed andava a finire che la sera verso le dieci, Luca andava sotto casa di Laura e lei scendeva portandosi dietro la sua bolla ed il suo urlo.

Certe volte, effettivamente il tempo usciva frastornato dal buco nero e Luca diceva che c’erano dei giorni dove se apri le orecchie, non le chiudi dalla rabbia e lo spavento, si riusciva a mettere un piede avanti. E’ vero, certo – diceva Luca – che con la morte non si fa mai pari e patta e che lui concretamente non poteva mica fare niente.

Diceva anche che seppure è sottile il picciolo che tiene la foglia attaccata al ramo, è pur vero che anche la bellezza era una cosa sottile e che Laura – un esempio certo tres interessato ma tres dolce e tres sincero – era bella.

Certe altre volte, si incontravano con gli altri nella via – ed allora, anche questo lo dobbiamo pure dire, capitava che Laura bevesse un po’ troppo, plus del conveniente. Allora le tremavano le gambe e non le importava nulla se piangeva o si contorceva o rantolava e seppure certamente non era un piacere, almeno però un poco l’urlo si placava quando Luca la prendeva tra le braccia e la guardava e diceva che era ora di tornare e che non si doveva preoccupare che la riaccompagnava lui, che si poteva fidare.

Non che per questo la notte Laura sognasse qualcosa, non che per questo le mattine urlassero meno disperazione o il riflesso nello specchio fosse meno drammatico. Forse invece sì.

In qualche modo in effetti bisognerà anche spiegare perché da solo l’urlo diventò un tamburo. In realtà non siamo per nulla in grado di raccontarvi quando ciò effettivamente accadde. Che giorno? Che ora? Dopo cosa? Prima di cos’altro?
Non lo sappiamo. Sappiamo però che certe volte una notte davvero mette a posto tutto perché ci sono le notti normali e le notti condensate. Nelle notti condensate i minuti valgono come i giorni.

Per fare un esempio potremmo dire che Laura non ricorda quanto tempo rimase a parlare con Luca la notte in cui gli disse di salire a casa sua anche se non aveva messo in ordine la stanza e nemmeno la cucina perché quelli erano giorni tres confusi e complicati.

Quella infatti era la notte condensata in cui probabilmente Laura sussurrò che s’era innamorata ed era probabilmente anche la notte in cui Luca s’inventò un sorriso e chiese a Laura di non andar più via.

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