Immaginazioni spontanee e deliberate

Duy Huynh, Serenade For Synesthesia

Duy Huynh, Serenade For Synesthesia (stampa a edizione limitata). Fonte

Una delle osservazioni da cui scaturiscono le idee migliori contenute in Mimesi come far finta, il più importante libro del filosofo americano Kendall Walton, è l’indubitabile fatto che i bambini spendono molte delle loro energie giocando, ed in particolare giocando quel particolare tipo di giochi che l’autore chiama «i giochi infantili di far finta». Con questa espressione l’autore si riferisce in particolar modo ai giochi che coinvolgono oggetti che i bambini considerano altro da ciò che sono. E’ il caso delle bambole, dei cavallucci di legno o anche, riprendendo un esempio centrale di Walton, di semplici “tronconi” in un bosco che nell’immaginazione dei bambini divengono degli orsi.

Capriole immaginative che non fanno mai perdere ai bambini il rapporto con la realtà. Questo «far finta» così importante per i bambini, che si interseca con una più generale complessa attività immaginativa, che fine fa quando si cresce? Possibile che negli adulti scompaia nel nulla, senza lasciar traccia?

Per Walton il “far finta” non scompare affatto; anzi il suo obiettivo è proprio quello di tracciare una linea di continuità tra le attività dei bambini nei giochi di far finta e la ricezione dell’arte negli spettatori adulti. Linea di continuità che esiste, sempre secondo l’autore, anche tra i tronconi e le opere d’arte.

Leggere romanzi, giocare a guardia e ladri, vedere un film e fare il gioco dei tronconi, sono attività molto diverse ma segnate dalla comunanza nell’appartenere ad «attività di far finta».

Abbiamo visto come si possa definire, o comunque chiarire un concetto, in molti modi. E’ sicuramente molto particolare il modo in cui Walton viene a capo della nozione di rappresentazione. Più tradizionale, ma comunque significativo, il modo con cui approccia all’immaginazione.

Infatti, il filosofo americano, nei confronti dell’immaginazione segue una strada diversa rispetto a quella seguita per gran parte dei concetti cardine del libro. Walton si limita a mettere in luce i vari modi di intendere l’immaginazione, i vari modi in cui si immagina.

La voce dedicata all’immaginazione della Stanford Encyclopedia of Philosophy, che per molti versi può essere considerata una ricostruzione del dibattito analitico sul tema, mette bene in luce come le distinzioni all’interno del concetto di immaginazione proposte in ambito analitico siano davvero molte. In questo senso Walton non si discosta dal modo di procedere a riguardo di altri filosofi della stessa tradizione.

Pazientemente il filosofo americano inizia a tracciare le prime linee di confine tra diversi modi di immaginare. Un conto, sostiene Walton, è l’«immaginazione deliberata», un altro, l’ «immaginazione spontanea». Infatti «fintantoché le nostre immaginazioni sono deliberate, siamo ben consapevoli che dipendano da noi, a chi immagina risulta ovvio che il “mondo della sua immaginazione” sia un artifizio, qualcosa di inventato, qualcosa che ha costruito, pezzo a pezzo, mediante le sue scelte di che cosa immaginare» [Walton, Kendall L., Mimesis as Make-Believe, Harward University Press 1990; trad. it. di Marco Nani, Mimesi come far finta, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2011, p. 34].

Molto diverse sono invece le immaginazioni spontanee che sembrano vivere di vita propria al punto che «colui che immagina è più uno “spettatore” che il loro esecutore. Più che costruire il suo mondo immaginario, lo “sta a guardare” allorché gli si dispiega» [Ibidem].

Questa differenza tra un modo di immaginare “spontaneo” ed uno “deliberato” comporta anche il fatto che le reazioni a ciò che si immagina siano diverse.

«Immaginare spontaneamente può essere più divertente, più eccitante che farlo deliberatamente» [Ivi, p. 35] poiché l’immaginazione spontanea è un’esperienza, a dire di Walton, simile al percepire, in quanto indipendente dalla volontà, e per questo più «vivida» e più «realistica» [Ibidem]. Questa indipendenza dalla volontà delle immaginazioni spontanee non è comunque assoluta,

Le immaginazioni spontanee possono essere soggette al controllo di chi immagina. A chi immagina è data l’opzione di intervenire deliberatamente nella propria esperienza immaginativa anche se sceglie di non esercitare tale opzione. […] Il mondo immaginario certo si dispiega in forza di se stesso, ma solo con il mio (implicito) permesso, soltanto perché io consento che sia così
[Ivi, p. 36]

Questo “controllo” da parte di chi immagina viene a mancare solamente nei sogni.

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