Immaginare occorrente e non-occorrente

Una stampa su tela di Vladimir Kush. Fonte.

Una stampa su tela di Vladimir Kush. Fonte.

Avevamo iniziato a raccontare delle distinzioni operate da Walton all’interno dell’immaginazione partendo da quella tra immaginazioni spontanee e deliberate.

La seconda distinzione fatta da Walton è quella tra «immaginazioni occorrenti» e «immaginazioni non-occorrenti». L’immaginare, in questo caso, ha una struttura parallela a quella del “credere”. Si può, infatti, anche “credere” in modo non-occorrente. Marilyn, è questo uno degli esempi proposti, crede in modo occorrente che a vincere le elezioni saranno i democratici, ossia «le occorre il pensiero che così andrà» [Walton, Kendall L., Mimesis as Make-Believe, Harward University Press 1990; trad. it. di Marco Nani, Mimesi come far finta, Mimesis Edizioni, Milano-Udine 2011, p. 37].

Contemporaneamente Marilyn ha molte altre credenze non-occorrenti, come quella che sia stato Edison ad inventare il telefono (credenza falsa, chiaramente) o di non essere una lottatrice professionista [Ibidem]. Lo stesso, a dire di Walton, avviene con le immaginazioni. L’esempio in questo caso è quello delle fantasticherie di Fred:

Supponiamo che Fred dia inizio al suo sogno a occhi aperti immaginando (in modo occorrente) di vincere un enorme premio alla lotteria e usarlo per finanziare una campagna elettorale coronata da successo […] Ma può essere altrettanto vero che egli immagini di vincere le elezioni senza ricorrere a brogli o corrompere avversari pericolosi […] anche se questi pensieri non gli occorrono esplicitamente. […] Questi pensieri sono, potremmo dire, parte del suo “arredo mentale” nel corso del sogno ad occhi aperti
[Ibidem]

Immaginazioni occorrenti e non-occorrenti sono quindi in stretto legame tra loro. In questo esempio esse sono contemporanee e le immaginazioni non-occorrenti influenzano quelle occorrenti, e viceversa.

Le immaginazioni non-occorrenti possono inoltre divenire occorrenti, ed anche il contrario è possibile, nell’esempio infatti «Fred ha in modo occorrente immaginato se stesso diventare milionario vincendo alla lotteria e ha proseguito col pensare alla sua carriera politica […], egli non smette di immaginare di aver vinto alla lotteria. […] Dopo averlo pensato all’inizio diventa un immaginare non-occorrente che fa da scenario alle successive immaginazioni occorrenti» [Ibidem].

Questo avviene perché l’immaginazione non è una serie sconnessa di eventi mentali individuali bensì una tessitura continua di cui fanno parte anche le immaginazioni non-occorrenti, benché esse non siano “visibili” in superficie.
La distinzione tra questi due modi di immaginare non corrisponde a quella tra immaginare cosciente e inconscio, sottolinea infatti Walton:

Dovrebbe essere chiaro che le immaginazioni non-episodiche, non-occorrenti, non sono necessariamente quelle inconsce. […] Sospetto anche che le immaginazioni occorrenti non è necessario che siano consce
[Ivi, p. 38]

La distinzione è molto interessante. Quello che qui importa al filosofo americano è semplicemente il notare che le immaginazioni non debbono necessariamente essere occorrenti, non si sofferma quindi oltre sui molti interrogativi che sorgono a proposito di questa distinzione e sulla classificazioni di vari casi particolari.

L’esempio di Fred serve a Walton anche per evidenziare che Fred sta «immaginando intorno a se stesso».
Walton ritiene che potenzialmente tutte le immaginazioni siano intorno a se stessi (in questo senso anche immaginare un elefante è immaginare se stessi vedere un elefante), nel senso che quando immaginiamo solitamente abbiamo un ruolo nel nostro immaginare, al limite quello di osservatori. Considerato in questa prospettiva, «l’immaginare è essenzialmente autoreferenziale» [ Ivi, p. 50.].

Il caso di Fred è però anche un esempio particolare di immaginazione «intorno a se stessi» in quanto è un modo di «immaginare de sé» ossia di «immaginare di fare o di avere esperienza di qualcosa (o di essere in un certo modo)» [Ivi, p. 51], una specie di “autoimmaginare”.
L’immaginare «dal di dentro» è un caso particolare dell’immaginare de se. L’immaginare de se è distinto dall’ «immaginare de re». Per fare un esempio, immaginare «di essere il Sultano Maometto II» è diverso rispetto ad immaginare «che il Sultano Maometto II sia me» [Ivi, pp. 54-55]. In questo senso si può dire che l’immaginare de se non è un caso dell’immaginare de re:

Propongo di concepire l’immaginare de se non come una specie di immaginare de re ma piuttosto come un differente modo in cui le immaginazioni possono essere “intorno a” noi stessi
[Ivi, p. 54]

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